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Canto da un pezzo di storia

by Arbitri Elegantiae

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1.
Canto da un pezzo di storia che non racconterò ai nipoti per farli sognare, che non spiegherò ai miei figli per fargli capire, ma che nasconderò per farli tra dubbio e menzogna continuare a sperare. Canto da un pezzo di storia che ha tolto aria alla mia parte migliore, che ha mostrato i perfetti ingranaggi dove s’incagliano le belle parole, e mai un’eccezione che non confermi la regola, mai un’eccezione che stupisca davvero. Canto da un pezzo di storia che m’ha insegnato a restare al mio posto, a scordarmi di ogni ingiustizia e ciò che penso tenerlo nascosto. Canto da un pezzo di storia che ha sperperato i suoi talenti migliori, che ha perduto le nostre speranze come si perdono le buone occasioni, e mai un’eccezione che non confermi la regola, mai un’eccezione che stupisca davvero.
2.
Dio m’ha parlato ed io non c’ho capito niente, ho chiesto il primo treno che sbagliasse direzione, ho preso al volo la carrozza, ho dormito un po’ di ore, ho parlato al macchinista, sono sceso al primo errore. Dio m’ha parlato ed io non c’ho capito niente, ho preso sottobraccio un gatto nero senza occhiali, «Dimmi la tua strada», dissi, «la mia può aspettare, insegnami a prendere un topo senza usare le mani», e mai e poi mai pensai che quella fosse vita, mai e poi mai, pensai. Dio m’ha parlato, ma ero preso in altre cose: ridere, fare l’amore, andare ogni tanto a messa, parlare con mio padre di lavoro e di futuro, parlare con mia madre di Madonne attaccate s’un muro, e mai e poi mai pensai che quella fosse vita, mai e poi mai, pensai.
3.
Dove sei non c’è nulla che ti leghi, fosse un cuore, quattro mura od un computer, non c’è un albero maestro che tu debba raddrizzare od una macchia che tu possa cancellare; non c’è un otre, non c’è un tetto, non c’è un argano a motore, non c’è un organo vicino che disegni le tue ore; né un sasso né una pietra, non c’è un fine né una meta né qualcuno che ti parli di un altrove; non c’è un letto per dormire, per amare o per soffrire, non c’è nulla se non quello che ti crei per non partire. Metti in un cesto ogni cosa che parla di te lascia che il fiume la porti lontano da te e per allegoria sfoglia un fiore che non ti consola. Dove sei non c’è nulla che ti leghi, fosse un cuore, quattro mura od un computer, ma ogni strada che percorri ti ricorda qualche cosa, ogni volto lascia un segno dove l’anima riposa, c’è un senso di futuro che ti stuzzica il cervello, c’è un sogno che ti mostra un percorso e solo quello, c’è un sasso, c’è una pietra, c’è un progetto, c’è una meta, e c’è qualcuno che ti parla di un altrove; c’è una spiaggia per dormire, per amare o per soffrire, c’è ogni cosa che ti serva per restare e non partire. Metti in un cesto ogni cosa che parla di te lascia che il fiume la porti lontano da te e per allegoria sfoglia un fiore che non ti consola.
4.
Vi prego, stanotte vegliate, non lasciate ch’io sia il solo sveglio su questa terra, e ballatemi accanto, e se poi qualcuno si stanca datevi il cambio. Vi prego, non datemi ascolto se vi dico: «Andate a dormire e lasciatemi solo», è tutta una farsa, piuttosto suoniamo a ogni porta e riempiamo ogni piazza. Riempiamo ogni piazza ballando, ma senza seguire una musica o passi già usati, e senza parlare riempiamo ogni strada e anche i vicoli dimenticati. E se poi vorrete parlare, se proprio vorrete parlarvi, non dite che fate, chi siete, che avete, ma narrate le storie piú belle che conoscete. E voi, che ci state ascoltando, pensate al tempo perduto per una canzone, un sogno o illusione che sia, ai vostri minuti contati che volano via.
5.
Canterò 04:42
Canterò quell’amore di sotto ai Landroni che sa di castagne e di vino bollito, canterò i desideri che battono alla porta di ciò ch’è stato proibito. Canterò quelle risa sincere che nascono e muoiono in fondo a un bicchiere, canterò le amicizie di sempre ed il tempo che lascia solo quelle piú vere. Canterò del tramonto che specchia sul lago colline di viola vestite, canterò della sera che disegna ragazze piú belle, piú dolci e tornite. Canterò quelle gole che la sera traboccano sangue di bruma e rugiada, canterò quel profumo d’inverno che sale dai campi ed inonda ogni strada. Canterò dei paesi che scoprono targhe in memoria d’eroi partigiani, canterò quelle storie di macchia che bagnano di luce anche gli occhi italiani. Canterò tutto ciò che ho imparato spendendo il mio tempo seduto ad un bar, canterò tutto ciò che ho guardato con gli occhi indecisi tra verde e città. Canterò le poesie che letto negli occhi di chi mi ha spiegato la vita, canterò dei poeti che sanno parlare anche quando la pagina è finita. Canterò quelle strade di ombra che sembrano abeti vestiti a Natale, canterò i motorini che sfuggon veloci fino a dove la notte fa male. Canterò quelle case ormai vuote riempite ogni tanto da vino e falò, canterò quelle feste d’estate che un giorno lontano rimpiangerò. Canterò tutto il tempo che ho perso pensando di essere sempre sbagliato, canterò la bellezza che ho visto gettando uno sguardo su quello che è stato. Canterò verità che ho cercate in silenzi di libri e di vite stampate, canterò verità che ho trovate in baci, carezze, grida e risate.
6.
Siamo i figli d’un pensiero che non c’è, che ha accettato di chiamarsi “debole”, noi che non diamo più spazio agli eroi, noi che pensiamo che un tempo per Dio non ci sarà mai. Ci han dato angeli e ognuno è un’idea, han chiamato amore col nome di una dea, ma nomi ed idee si possono cambiare come cambiano gli alberi ad ogni stagione; e se speriamo d’imparare ad amare, e se cerchiamo almeno un raggio di sole, è perché abbiamo dentro qualche cosa che rimane e non sono le idee, e non certo le parole. Sappiamo il mondo i segreti che ha, conosciamo ormai quasi tutta la realtà, perché abbiamo dato il diritto alla ragione di spingersi anche oltre il velo del reale e abbiamo dato uno scettro regale a chi ci ha mostrato del mondo l’illusione, scordandoci che forse è proprio quello che nasconde che ci riempie d’entusiasmo nel guardare l’orizzonte.
7.
Lei 03:25
Venite gente che passate di qua, cosa pensate ci sia nell’aldilà ditemi un po’. «Io credo», disse il moro, «in una valle di dolcezze, latte e miele imperleranno i seni delle mie fanciulle». Il secondo disse, stringendo forte il suo bastone: «Abbraccerò ancora mia moglie, aspetto la risurrezione!». Un altro, che stava in disparte, disse: «Siamo come l’acqua: nessuno può raccoglierci, Dio non ci salverà». «Io credo», disse l’ateo strizzando gli occhi e alzando il capo, «che il mio tutto finirà quando Lei mi chiamerà». Lei, che passava lí vicino, andava a prendere qualcuno, sentí questi discorsi e volle dire un po’ la sua. E cosí si fece avanti, uscí dalla penombra, fissò quei volti increduli, poi disse: «Venite con me, vi mostrerò la verità».
8.
Quando il cielo non ti dice piú chi sei, quando la terra non conosce piú il tuo passo, quando il mare dentro te s’è prosciugato e il sole non illumina che rocce e deserti, quando il tuo passato non sta piú nella tua casa, quando hai rinunciato a dare un nome alla tua strada, quando la tua vita è stata cancellata da quelle stesse dita che sulla sabbia l’han tracciata, quando senti che il tuo cuore batterà un ritmo che non riconoscerai, quando sai che la tua penna scriverà parole che non avresti scritto mai, e chiedi in giro per sapere tu chi sei e poi torni sconfitto ignorando chi sarai, forse un nuovo cielo s’aprirà senza stelle che t’insegnino la via, ma la luna ti sorriderà sopra i muri indifferenti della tua malinconia; e quella terra che da sempre hai calpestato pensando che non l’avresti amata mai, un giorno che sarai solo e disperato ti mostrerà paesaggi in cui ti riconoscerai.
9.
Si narra che c’era una volta un postino molto sensibile. Questo postino non buttava via le letterine dei bambini rivolte a Babbo Natale in cui leggeva la speranza. Poi capí che nella sua vita la speranza era ormai finita e, un giorno, pensando cosí prese le lettere e partí.
10.
Ami le frasi dei rivoluzionari, son la tua etichetta per non confonderti tra i tanti libri usati, scelta per noia, per paura, per disprezzo. Credi di voler cambiare il mondo, pensi che nessuno si sia mai impegnato a far volare il pensiero sopra l’ingiustizia. Ma non puoi rinunciare a tutto ciò che l’ingiustizia ti dà.
11.
Laila 03:04
Ho incontrato una ragazza, m’ha chiesto: «Vuoi farmi compagnia?» Le ho detto: «Farò quello che potrò», ma dentro già pensavo: “Sarai mia!”. Laila… Poi, col tempo, ho perduto la ragione, umile come alla notte s’inchina un girasole, e, distratto dai pensieri miei, ho scordato dove finissi io e dove cominciasse lei. Laila… E, si sa, c’è nebbia nell’aldiquà e non si trovano i papà, e, tra poeti e pensatori, psicologi e religioni, ognuno s’allontana e segue la sua strada via di qua. Laila…

about

"Canto da un pezzo di storia" si compone di undici tracce, è stato registrato da Giovanni Imparato dei Chewingum e deve la sua veste grafica al pennello di Paolo Savelli ed agli scatti di Gianluca Rossetti. Non si tratta di un concept album, ma il tema centrale del disco è quello della speranza: una speranza non retorica, ma fondata su uno sguardo onesto ed impietoso sulla realtà del nostro tempo. L'album presenta delle canzoni che hanno alle spalle molti anni e che per l'occasione sono state vestite di una forma nuova, ma soprattutto testi dell'ultimo periodo che hanno segnato per noi non solo una crescita dal punto di vista musicale, ma anche una maturazione interiore. Un esempio per tutti è "Canto da un pezzo di storia", il brano che dà il titolo all'album, e che racchiude in pochi minuti tutto il senso dell'opprimente precarietà di questo tempo che non valorizza i veri talenti, ma che al contrario rischia di disperdere le energie e l'impegno di molti. C'è una nota di speranza in tutto questo, una speranza sottile che la musica tenta di risvegliare, una speranza che rifugge la rassegnazione per cercare di riconquistare a poco a poco quella dignità che spesso viene dimenticata. L’immagine di copertina vuole ricordare proprio questo: è un dipinto, opera di Paolo Savelli, che rappresenta una giovane donna in piscina, la quale, sul punto di affogare, viene salvata da due braccia che dall’alto la tirano su. Ecco, questa è l’immagine che a nostro avviso descrive al meglio il nostro tempo, un pezzo di storia che sembra destinato all’abisso, ma che con il nostro impegno e con la nostra passione può ancora riemergere.
(Lorenzo Franceschini e Giovanni Frulla)

credits

released July 27, 2015

TESTI E MUSICHE: LORENZO FRANCESCHINI
ARRANGIAMENTI: GIOVANNI FRULLA, GABRIELE CICERONI, FEDERICO MESSERSÍ, LORENZO FRANCESCHINI

Gli ARBITRI ELEGANTIAE sono:
LORENZO FRANCESCHINI: voce e chitarra acustica
FEDERICO MESSERSÍ: basso e chitarra elettrica
GABRIELE CICERONI: clarinetto, fisarmonica, cajon, flauto
GIOVANNI FRULLA: tromba

Hanno suonato con noi SILVIA FALCINELLI (voce in Figli d’un pensiero che non c’è) e GIOVANNI IMPARATO (chitarra in Per allegoria, tastiere in Canterò e Stanotte vegliate).

DISEGNI E GRAFICA: PAOLO SAVELLI
FOTO: GIANLUCA ROSSETTI

Prodotto da GIOVANNI IMPARATO e ARBITRI ELEGANTIAE. Registrato, mixato e masterizzato da GIOVANNI IMPARATO presso URUGUAY STUDIO DI SENIGALLIA (AN), aprile 2012-novembre 2014.

Ringraziamo le nostre famiglie, Giovanni Imparato, Paolo Savelli, Silvia Falcinelli, Gianluca Rossetti, Andrea Ricciotti, Martina Sani, Matilde Messersí, Caterina Telari, Leonardo e Irene Frulla, Francesco Deliro, Aldo Baccani, Michela Di Benedetto, Giulia Donatiello, Letizia Cesarini, Andrea Mazzanti, Valeria Picardi, Marco Giulianelli, Marco Cattaneo.

Arbitri digitali: puoi seguirci sul nostro sito www.arbitrielegantiae.it, creato e gestito da FEDERICO MESSERSí e ANDREA RICCIOTTI. Nel sito trovi anche la nostra applicazione, sviluppata da FRANCESCO DELIRO.

Contatti: info@arbitrielegantiae.it

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Arbitri Elegantiae Senigallia, Italy

La nostra storia inizia sui banchi di scuola. A quei tempi, Lorenzo e Federico si vedevano per suonare la chitarra e inventare canzoni... sui professori. Negli stessi anni Lorenzo e Gabriele suonavano in un gruppo di cover rock e funky.
Lorenzo aveva altri pezzi nel cassetto, e nel 2000 sono nati gli Arbitri Elegantiae, nei quali è subentrato Giovanni alla tromba. All'inizio eravamo in nove!
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